domenica 29 luglio 2012

Intervista a Italo Cucci


Fra i tanti personaggi intervistati, ricordo sempre con particolare piacere il giornalista Italo Cucci. Questo lungo articolo, pubblicato qualche anno fa da Rimini IN Magazine, ha per trama le mie domande e per ordito le sue risposte. L’uomo di cui parlo emerge fra queste righe con tutta la sua esemplare personalità. Conservo gelosamente la corrispondenza di quei giorni, che si lega anche ad un episodio che mi è rimasto nel cuore. È stato l’ultimo servizio che ho realizzato insieme all’amico Venanzio Raggi, lui ci ha messo le foto, io le parole.

Cinquanta primavere di una Rimini sfogliata come il quotidiano che mandi giù col caffè del mattino. E tante estati fa. Poi un biglietto per l’America... Anzi no, per Bologna, una sorta di Mecca per chi come lui aveva un sogno da realizzare.

Forse viene dal mare l'influsso corroborante che accomuna i riminesi celebri. O forse sarà il Garbino a gonfiare le vele di vite straordinarie. Certo è che anche Italo Cucci, ricordandosi riminese, guarda nella direzione del mare. E mentre lo guarda si domanda: “Chissà se ci sono ancora ragazzi come quelli della Rimini degli anni Cinquanta, quelli che aspettavano il treno del Nord che portava le bionde straniere, quelli che d’inverno passavano ore e ore a rimpiangere l’estate nella sala biliardo del Bar Dovesi, mentre fuori nevicava o c’era una nebbia cane e mancava poco che ci si piangesse addosso..."

È bello tornare a Rimini e ritrovare il mare.

"Ma vorrei dirti perché quando guardo quel mare lo trovo diverso da quello che vedono tanti..." Inizia così un racconto sull’onda di emozioni che hanno riempito il tempo andato; non un amarcord di stampo tradizionale, piuttosto un gioioso recupero dal baule dei ricordi di nomi e volti e svolte nel variegato assortimento che compone la vita.

Riminese fra i più noti dei nostri giorni, Italo Cucci è nato a Sassocorvaro, nel Montefeltro, nel 1939 ed è cresciuto nella Rimini del dopoguerra dove ha iniziato la sua avventura giornalistica nel 1958 con il settimanale “La Provincia”, diventando giornalista professionista nel 1963 al Resto del Carlino/Stadio. Allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli e Enzo Biagi, oggi insegna giornalismo sportivo alla Libera Università delle Scienze Sociali (LUISS) di Roma e Sociologia della comunicazione sportiva alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Teramo. Collabora con diverse Università italiane dove tiene seminari e lezioni sui vari aspetti dello Sport. Ha diretto i giornali in cui è stato redattore. Prima il "Guerin Sportivo" (tre volte), poi "Il Corriere dello Sport-Stadio" (due volte), e il "Quotidiano Nazionale" che raccoglie le testate di "Nazione", "Giorno" e "Resto del Carlino" Ha diretto anche il mensile “Master” e il settimanale “Autosprint”.

Per lui, uomo della comunicazione, romagnolo nello spirito al di là del certificato anagrafico, parlare accorciando le distanze è un gioco da ragazzi. E la Romagna che gli è madre dal ‘43, quando con la sua famiglia raggiunse Rimini, è il fondale di ricordi che partono da una precisa estate.

"Eravamo, come tanti, gli sfollati che in quei giorni cercavano di scappare dalla guerra. – racconta - Il 29 giugno fummo mitragliati alla periferia di Santarcangelo e continuammo a fuggire finché trovammo rifugio a Poggio Berni, nel cuore della Linea Gotica."

Chi è stato bambino durante la Guerra, sa farne quadri di un verismo sorprendente, più che doloroso, stupito, con le mitragliatrici a far da colonna sonora. La gente di Romagna però aveva una capacità tutta particolare di accogliere i nuovi venuti, di infondere un senso di ottimismo che invogliava talvolta a cantare e a ballare, quello stesso che, dice Italo, vale più di un certificato di nascita, intendendo dire che dove c’è quel modo di essere, quel modo di prendere la vita, lì c’è la sua casa.

La nuova vita inizia in una città distrutta, nella zona vicina alle Officine Ferroviarie. "La prima volta che vidi il mare, - dice tornando al pensiero originario - mi colpì la spiaggia immensa e persone che stavano sotto cumuli di sabbia che sembravano tombe. Invece si curavano i dolori di guerra. La prima volta che vidi il mare e le luci di Marina Centro, mi colpì la commozione di mia madre. Ecco perché quando guardo il mare lo trovo diverso da quello che vedono tanti..."

Rimini. In una parola tutta la gioventù. Ed una valanga di nomi e cognomi che partono dalla scuola, giù giù per Marina Centro e finiscono a far mattina all’Embassy, alla Casina del Bosco, al Kansas City, al Paradiso. Così, ecco il Maestro Dionigio Monti con il cappello che toglieva solo in classe, educatore straordinario, come del resto il preside Arduino Olivieri del Liceo Classico Giulio Cesare che dicevano essere stato il preside anche di Fellini. Pur accondiscendendo all'attributo 'serioso', suggerito da me e da lui non disdegnato fino in fondo, Italo Cucci in verità è un uomo di spirito. "Potrei dirti degli amori - scherza - Meglio di no, sai quanto sono gelosi i riminesi! Degli amici invece sì. Ho tanti bei ricordi di un gruppo che si chiamava con un fischio. Giancarlo Turci, Rino Oliveti, Mario Mazzotti, Albertazzi e il suo clarinetto... Una banda che vagava a Marina che pensava al jazz, al baseball, agli amorazzi di stagione..."

La Rimini degli anni Cinquanta aveva il suo cuore a Marina Centro. E poi c'era il Paradiso, dove a mezzanotte ... "Ebbene sì, mentre l’orchestrina riposava, cantavo per quindici minuti Gilbert Bècaud e Nat King Cole, le mie passioni, e dove ho avuto l’onore di presentare le serate di Helen Merril e Chet Baker, sì, proprio il grande Chet, ‘Time After Time’, notti e note che mi sono rimaste nel sangue, insieme alle mattane di un’estate che forse non esiste più." Viveur e amante di Hemingwai, Steinbeck, Jean Paul Sartre, Tennessee Williams, della musica e della carta stampata, sorprenderà ma Italo Cucci, il grande giornalista sportivo, in quella gioventù scapigliata fu tutto tranne che sportivo, nonostante avesse avuto maestri come Romeo Neri ed Eugenio Pagnini. “Niente sport, solo musica e libri... Stavo ore e ore nel negozio di Minnie Torsani. Misi insieme una bella collezione che ho ancora, Minnie faceva credito, l’ho pagata dieci anni dopo... Steinbeck, l’ho capito quando ho preso un aereo, un’automobile e sono andato a Salinas, in California, e ho girato per giorni e giorni nella Valle dell’Eden... Sere dopo, a Los Angeles, parlavo di Rimini come un romanziere e mi ascoltava una vecchia conoscenza di casa, il colonnello Orlando, uno dei piloti della pattuglia acrobatica di Miramare che adesso è proprietario dell'hollywoodiano Caffè Roma. Ci guardava, con occhi divini, seduta più in là, Bo Derek... Beh, adoro i libri, ne ho collezionati migliaia, di ogni genere, e li ho appena donati a Pantelleria, la mia isola, l’altra Rimini che va bene per gli anni che ho. Forse ho smesso di sognare e ho cercato posto in un sogno permanente..." E la musica, con un sogno mai avverato... "Papà non poteva pagarmi le lezioni di piano. Se ne venisse l’occasione, farei come il dottor Faust: non darei l’anima, no, ma tutto quello che ho fatto in cambio della Suite Bargamasca di Debussy. Con me al piano. Ho un’immensa collezione di dischi di ogni tipo di musica, jazz, classica, rock, leggera, lirica: tutto Duke Ellington, tutto Armstrong, tutto Presley, tutto Nat King Cole, tutto Sinatra, e Verdi, Puccini il favorito...Un posto da visitare che consiglio agli amanti della musica: il cimitero parigino di Père Lachaise, dove puoi fermarti a pregare o a canticchiare sulla tomba di Rossini, di Jim Morrison, di Chopin, di Beethoven o della Callas e mille altri...Da Jim si può bere birra e fumare uno spinello: lo fanno."

A questi amori, in terza liceo, Italo aggiunse la politica e la passione per il giornalismo. Non era difficile sognare di fare il giornalista, in quella Rimini in cui uscivano sei giornali locali. Troppo impegno, e la mattina a scuola si addormentava sul banco. Allora l'insegnante di lettere lo provocò chiedendo perché mai continuasse a perder tempo e farlo perdere a scuola. 'fai il giornalista!' gli disse e lui la prese sul serio. "Mi bocciarono. Arduino mi guardò malissimo ma sorrise anche lui quando dissi che andavo a Bologna a cercare un posto al Carlino... Feci la mia valigetta e alla fine del Sessanta ero già via Gramsci 5, Bologna, la mia Mecca..."

Non era difficile sognare di fare il giornalista e lui l'aveva sognato seduto al bar dell’Embassy, guardando nella direzione dell’albergo di fronte dove scendevano sempre giornalisti importanti che venivano a Rimini in vacanza o per realizzare servizi estivi. "In quello stesso albergo ci tornai per una delle mie prime conferenze - ricorda - e in cuor mio ringraziavo Mimmo Mainardi che mi aveva svezzato, Achille D’Amelia che mi aveva fustigato, Amedeo Montemaggi che mi aveva appena sopportato ma mi aveva fatto scrivere nella pagina di Rimini un pezzetto per ricordare Fred Buscaglione quando morì... Ero amico di Fred. Nei giovedì pomeriggio si stava insieme all’Embassy, un aperitivo, tante chiacchiere. E la notte cantava “ricordati di Rimini, di quelle notti magiche passate in un sospir...” o “ Elio il barista è un ragazzo molto in vista...” Penso che la mia vita cambiò davvero quando se ne andò lui, perché lasciai Rimini per sempre. Salvo tornarci per gli affetti, la mamma, il fratello, i nipoti e qualcuno che col tempo ha deciso di ricordarsi che sono riminese..." Lui sostiene che i riminesi, se hanno memoria, se la tengono dentro, ben chiusa. Ma poi il suo pensiero corre a Ennio Zangheri e dice che ha fatto proprio bene a dipingere ed esporre quelle 'Facce di Riminesi' (Trenta Ritratti) "non solo perché ci ha messo anche la mia, ma per quella gente che non c’è più e io continuo a credere che sia viva, perché stando lontano mi arrivano solo raramente e quasi spenti gli echi degli addii..."

Dicevamo il giornalismo... ma non lo sport, bensì la cronaca, la politica... E invece poi un giorno fu investito di un incarico speciale. "Fu il Direttore del Carlino, Giovanni Spadolini, che mi...traviò. Gli stavo sulle scatole - afferma - perché in cronaca, a Bologna, parlavo sempre di politica e quando nel Sessantatré decise di farmi il contratto mi disse che un sovversivo come me stava bene allo sport, e mi spedì a ‘Stadio’. Senza saperlo, senza volerlo, fece la mia fortuna. Lo rividi nell’Ottantadue, in Spagna, alla vigilia della finale dei Mondiali che avremmo vinto... Era presidente del Consiglio."

I nomi e cognomi a questo punto della storia s'impennano ed ecco Spadolini, Ninni Pingitore, Sergio Zavoli, Enzo Biagi, Enzo Ferrari, ma non è facile riassumere gli episodi salienti di una carriera così dinamica e luminosa. "In una mia inchiesta dei primi anni Sessanta svelai per primo i misteri del Triangolo della Morte. Ecco perché Spadolini non mi amò... Ma fu la scuola del ‘Guerino’, a Milano, a lanciarmi definitivamente, tanto che si accorse di me Sergio Zavoli che ne parlò a Enzo Biagi per il ‘Carlino' Che andava a dirigere nel ‘70. È ancora il ‘Guerino’ dal ‘75, a darmi la spinta decisiva. I Mondiali d’Argentina nel ‘78 e il dramma dei desaparecidos, le Olimpiadi di Mosca nell’80 e l’inizio della glasnost. Insomma, non ho visto e raccontato solo lo sport. Poi i Mondiali dell’Ottantadue, mio personale trionfo perché ci avevo creduto prima, e la tragedia dell’Heysel vissuta e raccontata in diretta al ‘Carlino’. Ma il massimo fu conoscere e diventare amico di Enzo Ferrari. E anche questa è un’altra straordinaria storia..."

Dalla carta stampata alla tv passando per la radio che, come dice Italo, è il mezzo più sincero.

"Vedi, nello scrivere ricerchi la parola più appropriata, la citazione dotta, l’idea felice... In televisione spesso devi pensare anche alla cravatta giusta, al giusto atteggiamento. C’è quasi sempre qualcosa di falso. La radio è vita, quel che senti lo dici, quel che sei si capisce, vince la verità, non ti leggi, non ti guardi, non ti ascolti, vai dritto alla mente e al cuore di tanti..."

Ma allora la sua vita passata a dirigere quotidiani... "Dirigere un quotidiano è la cosa peggiore che può capitare! Non vai a governare notizie, storie, costume, luoghi e momenti della cronaca e della storia ma uomini che al giornale antepongono la loro vita e i loro problemi, che diventano i tuoi e ti assillano, ti spengono... "

Così per otto volte si è dimesso da altrettante direzioni. Senza rimpianti. "Non so cosa siano i rimpianti, - ammette- adesso dirigo me stesso e so di avere ancora tante cose da fare, tantissime da raccontare. Un giorno, visto che non lo sono, potrei fare anche lo scrittore. Vediamo cosa ne dice Pantelleria. Perché potrei anche dedicarmi a capperi, ulivi e buganville..."

Invece scrittore lo è, e se fra tutto quel che si ha, si potrebbero annoverare anche gli amici, beh di quelli il maledetto mondo del giornalismo induce a diffidare. In 'Un nemico al giorno' ultimo libro autobiografico, Italo Cucci espone la teoria secondo la quale un giornalista non possa avere amici, almeno nel lavoro. Vi sono descritte storie professionali con l’intento di colpire l'immaginazione dei giovani vogliosi di fare i giornalisti, "Ad essi ogni giorno vengono dati esempi penosi - dichiara - visto che ormai il Potere e il Giornalismo sono pappa e ciccia... Il giornalismo è un mestiere, non una missione, a me è andata bene perché ... - e qui termina con la frase diventata un suo cavallo di battaglia - se non sempre ho scritto tutto quello che volevo non ho mai scritto quello che non volevo."

BOX

Italo Cucci, ha collaborato con Pupi Avati alla sceneggiatura del film "Ultimo Minuto" con Ugo Tognazzi. Ha vinto il premio "Dino Ferrari" assegnatogli da Enzo Ferrari, col quale ha avuto un lungo rapporto d’amicizia. Ha scritto numerose biografie di campioni e storie dei Mondiali di Calcio e tre libri, il romanzo "Minuto per minuto", l’autobiografia professionale "Un nemico al giorno" e "Tribuna Stampa - Storia critica del giornalismo sportivo"(con Ivo Germano) Oggi è Direttore Editoriale dell’Agenzia di Stampa Italpress, scrive per i giornali del Gruppo Monti/Riffeser, “Avvenire”, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “Il Messaggero Veneto”, il “Giornale di Sicilia” e altri quotidiani regionali, per “l’Indipendente” e “Ideazione”. Collabora alla Rai come commentatore del TG2, opinionista di “Sabato Sprint”, "Unomattina” e RadioRai. E' ospite fisso della Grande Giostra del Gol di Rai International.

Recentemente è stato Testimonial della Campagna di Telefono Azzurro




Nessun commento:

Posta un commento