mercoledì 1 agosto 2012

La forza e il coraggio. Una bella storia di famiglia.

Le donne che hanno fatto la storia di Viserba…
Pensieri sul volume
di Donata Ciavatti

Un omicidio storico e letterario è all’origine dei fatti
narrati: la morte di Ruggero Pascoli, padre del poeta Giovanni; un delitto per
tanto tempo avvolto nel dubbio e nell’omertà, complice una ambientazione
storico-sociale di stampo feudale.
A questo avvenimento di cronaca si intreccia il destino di
una famiglia di San Mauro, quella di Pietro Giani, bisnonno dell’autrice, che,
nel 1880 viene condannato al carcere a vita per l’omicidio (sembra) di un
fattore. Era Ruggero Pascoli quel fattore? Oppure uno dei suoi successori alla
direzione della tenuta dei Torlonia?
Né l’uno, né l’altro, avrebbero chiarito il tempo e la verità,
liberando dopo 23 anni di reclusione un innocente, risarcito di qualche moneta
d’oro per l’errore giudiziario.
La famiglia Giani se ne va con Bianca e Stella, nipoti di
Pietro, ultime a portare questo cognome, ma la sua storia vive fra le pagine di
Donata, figlia di Bianca, che si leggono tutte d’un fiato.
La sintassi limpida e scorrevole, il ritmo, la successione
ben concatenata delle Parti in cui è suddivisa la narrazione, il realismo senza
interferenze edulcorate o piuttosto la resa sobria ai sentimenti (ma solo come
riconoscimento di un valore più alto dei fatti) donano al racconto quel
carattere energico che il titolo ben esprime. Il coraggio è la forza degli
umili, la dignità di chi fa la storia in silenzio, senza enfasi ridondanti e
pur con la saggezza di chi sa vivere.
Sono le donne, in questo libro di Donata Ciavatti, le vere
eroine, coloro che accanto ai fatti più vasti della storia (dall’episodio
Pascoli alla Guerra, alla Ricostruzione) forgiano la propria esistenza con
passione e coraggio. Sono figure da romanzo, che scelgono senza conformismi e
pregiudizi, che affermano il proprio individualismo e non si arrendono di
fronte ai drammi e alla fatica. Né il carcere, né il lutto, né la guerra, né i
debiti hanno il potere di annientare donne siffatte. Sono il simbolo di una
società di stampo matriarcale che si
genera solitamente in tempo di guerra, quando, lontani gli uomini, alle donne è
affidato il comando, della famiglia, degli affari… o in quelle società dove
l’economia è basata sul lavoro che tiene gli uomini lontani da casa per lungo
tempo, come marinai e pescatori. In questa famiglia, in cui sembrano nascere quasi
esclusivamente figlie, le donne attraversano le epoche storiche vivendone
appieno ogni aspetto, protagoniste fino in fondo nel bene e nel male, con
fierezza, mai con rassegnazione, ma con lo spirito guerriero che si dipana
nelle sei Parti in cui è strutturato il libro e che
compongono una geometria del coraggio che dà ordine e simmetria a tutto
l’impianto narrativo.

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